Nell’arte si può parlare di “profezie”? Di predizioni attraverso immagini o segni premonitori la storia e gli eventi futuri dell’umanità? A mio modo voglio dare un personale contributo con una immagine dal mio archivio. Chi mi segue già da tempo ricorderà il ciclo pittorico della mia “Apocalisse” presentato con galleria Spagnoli nel 2008 ad Ostuni nel quale evocavo, con visioni ispirate al mondo della musica dell’arte e della mitologia, la rivelazione del famoso libro di Giovanni attraverso un sogno o una visione. Ecco allora (foto 1) che tra i miei dipinti ad olio su tela torna un suggestivo “Pianoforte” che sembra aver anticipato solo di qualche anno l’altra immagine (foto 2) che mostra la bizzarra apparizione di un vero pianoforte sotto il ponte di Brooklyn, a New York, in una notizia ribattezzata dai media col titolo “Mistery Piano”, che trovo assolutamente straordinario (leggi qui l’articolo originale). A guardarli bene, il mio dipinto ambientato nella abbazia di San Galgano (Siena) e la foto rivelano delle analogie architettoniche con il famoso ponte del tutto inaspettate…
Poi a seguire un interessante articolo a firma di Alfredo Sigolo, apparso alcuni anni fa su “Exibart“.
(Articolo pubblicato lunedì 29 ottobre 2001)
“L’arte è per noi inseparabile dalla vita: diventa arte-azione e come tale è sola capace di forza profetica e divinatrice”. Così F. T. Marinetti, mentre K. Fiedler annotava che “L’artista si trova nella stessa posizione del pensatore rivoluzionario, che si oppone all’opinione dei contemporanei e annuncia una nuova verità”.
Ad un mese dall’11 settembre, dopo 2 settimane dalla prima bomba sull’Afghanistan, è sensato parlare d’arte e parlarne in rapporto alla crisi attuale, o si tratta solo un pretesto per un situazionismo da 2 soldi?
Risponde Risaliti nell’intervista ad Ex che anticipava un recente convegno alle Papesse: “Troppe volte sottovalutiamo il ruolo fondamentale dell’arte nella gestione dei conflitti, prima e dopo la loro insorgenza. L’artista… si posiziona frontalmente rispetto alla storia, alla cronaca ed il suo linguaggio si pone fra lo spettatore e la realtà. La forza espressiva dell’arte credo non debba essere messa più ai margini della discussione politica o delle strategie culturali utili a confrontarsi ed a risolvere le complessità del nostro tempo.”
Il rapporto dialettico tra Politica ed Arte potrà far storcere il naso solo a chi voglia negare la complessità dell’arte, la sua enigmatica capacità destabilizzante di critica della realtà.
L’arte è “Deus absconditus” che si cela al mondo, manifestandosi come un lampo, uno squarcio nel cielo (Adorno), in ogni campo dell’attività umana (aggiungiamo noi), ed è perciò che essa sfugge ad una definizione univoca. La domanda alla quale in molti hanno cercato risposta,“Che cos’è l’Arte?”, è in realtà mal posta alla luce del carattere metamorfico, ambiguo dell’arte.
L’artista è capace di trasmettere un’infinità inconscia all’opera d’arte che manifesta tale infinità offrendosi ad un’interpretazione infinita, come se infinite fossero le intenzioni che l’hanno determinata (Schelling).
Ma da cosa è determinata questa specificità, questo “potere dell’arte”? Croce parlava dell’intuizione come forma autonoma di coscienza, mentre Lukas, di nuovo Adorno e, dopo di loro, Freud fanno appello ad una genesi magica, ripigliando il filo di Platone che, nello Ione e nel Fedro delinea la figura dell’artista come colui che, dotato di téchne, ispirato dalle Muse cade in una divina follìa (o estasi) che lo avvicina alla sfera della creazione, e quindi del divino.
E se negli eccessi di follìa, come nei sogni, Cicerone riconosce le condizioni idonee al manifestarsi dell’arte divinatoria, che consente a pochi privilegiati di interpretare i fatti nuovi, di conoscere il passato, di vedere il futuro, ancor prima, l’uomo delle caverne, disegnava sulla pietra figure proprio per favorire od esorcizzare eventi, dichiarando ab origine la capacità magica e divinatrice dell’arte.
Questo antico potere dell’arte non è andato perduto: talvolta l’artista opera nella piena consapevolezza di ciò, tal’altra tale potere si manifesta sotto i suoi occhi come un accadimento inaspettato, inatteso.
Sulle pagine de “Il Giornale dell’Arte” Cattelan parla di “Him” (la nota opera iperrealista dell’Hitler bambino recentemente acquisita dal Castello di Rivoli) dicendo: “Probabilmente avrei distrutto quest’opera, se avessi potuto immaginare che avrebbe evocato gli spettri di quello che è successo in questi giorni a New York”. E ancora: “Il problema (!) dell’arte è proprio questo: i significati mutano. Gli oggetti sono vivi, si incrostano di rappresentazioni”.
Umberto Eco, infatti, parlando dell’”opera d’arte aperta”, aveva descritto quasi come “effetto collaterale dell’arte” questa capacità dell’arte di assorbire ed interpretare gli stimoli (psicologici, fisiologici, ambientali e culturali), anche inconsci. La “situazionalità della fruizione”, continua Eco, proviene dall’artista che produce l’opera come apertura ad una pluralità infinita di interpretazione. Semmai all’artista spetta l’isolamento di uno stimolo univoco, limitando (o guidando) l’esplosione incontrollata di possibili interpretazioni.
Ma procedendo su questa strada finiamo inevitabilmente a focalizzare l’attenzione sull’epifania dell’opera d’arte, sul suo manifestarsi nel momento della fruizione e, dunque, è la dimensione temporale dell’arte a risultare determinante.